Kafka e l’ufficio: ovvero come i classici spiegano il lavoro nel 2025

Kafka e l’ufficio: ovvero come i classici spiegano il lavoro nel 2025

Spoiler: se ti senti un po’ Gregor Samsa ogni lunedì mattina, non sei solo.

Lavorare nel 2025 significa fare i conti con smart working, riunioni su Zoom, intelligenze artificiali che suggeriscono le mail, e un’ansia latente da prestazione continua. E se ti dicessi che Franz Kafka aveva già previsto tutto questo oltre un secolo fa?

Leggere La metamorfosi, Il processo o Il castello oggi è come leggere un manuale segreto del mondo del lavoro contemporaneo. Ecco perché Kafka dovrebbe entrare nella tua To Read List (insieme al gestionale e alla to-do list).

1. Perché racconta il nonsense organizzativo

Chi lavora in azienda lo sa: spesso le regole sono oscure, i processi contorti, le responsabilità sfuggenti. Kafka ha creato questo universo prima ancora che esistessero le policy aziendali. Il suo Joseph K. non sa mai perché è accusato, proprio come molti di noi non sanno esattamente cosa il loro job title significhi. Kafka ci mostra l’assurdo del sistema e ci aiuta – paradossalmente – a sopravviverci.

2. Perché dà voce all’ansia moderna

La sensazione di essere osservati, valutati, schedati. L’idea che da un momento all’altro qualcosa possa andare storto. Kafka ha reso letteraria quella che oggi chiamiamo ansia da performance. E in un mondo lavorativo iper-competitivo, questa lettura diventa una forma di catarsi.

3. Perché parla del senso di alienazione

Gregor Samsa si sveglia scarafaggio, ma la cosa più inquietante è che continua a pensare al lavoro. Siamo tutti un po’ Gregor quando rispondiamo alle mail anche in vacanza, o quando ci sentiamo “funzionali” solo in quanto produttivi. Kafka ci ricorda che l’identità non dovrebbe mai coincidere solo con la professione.

4. Perché ti fa sentire meno solo

Leggere Kafka è come scoprire che qualcuno, molto tempo fa, ha vissuto le tue stesse inquietudini. Che il disagio, l’inadeguatezza e il senso di smarrimento non sono solo “tuoi”. È letteratura, certo. Ma è anche terapia condivisa.

5. Perché ci invita a cercare un senso (anche dove sembra non esserci)

Kafka non dà risposte. Ma ci spinge a farci domande. E oggi, in un mondo dove ogni processo è ottimizzato, ma pochi sanno perché fanno quello che fanno, questa capacità di interrogarci è fondamentale. Leggerlo non ti risolve la settimana lavorativa, ma può cambiarti il modo di affrontarla.

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